BIDONI ALL’ITALIANA

Mio fratello è figlio Unico

La commovente storia di un numero 10 incompreso

 

Il calcio è considerato da molti il gioco più bello del mondo. Poche regole, tanto spettacolo.

Un mondo aperto a tutti.

Il calcio può essere molte cose. Ragione di vita, passione, divertimento, ma anche sacrificio, amarezza e, a volte, maledizione: squadre che non riescono a battere altre squadre, allenatori che lanciano malocchi (chiedete al Benfica per informazioni), attaccanti che non riescono a segnare ad alcuni portieri.

Il calcio, un mondo fatto di stelle, stelline, meteore e segnato dalla cabala.

Uno degli anatemi più forti che sembrano essere legati a questo sport è curiosamente intrecciato al nome di chi lo ha espresso al meglio: Diego Armando Maradona.

Per la maggior parte degli appassionati il miglior giocatore della storia.

Il suo nome è impresso nel firmamento del pallone, ed è il più luminoso, il più appariscente, ornato da quel velo di sregolatezza che tanto piace ai tifosi e che lo rende umano a chi lo considera un dio.

Ma quel nome così luminoso, appariscente, sregolato, sembra essere circondato da un alone di sfortuna. Nonostante i molti tentativi, infatti, nessuno tra eredi e parenti del pibe de oro è mai riuscito a esplodere.

Come dimenticarsi di Diego Sinagra, figlio illegittimo dell’argentino, incapace di seguire il mentore Ciccio Graziani in diretta televisiva in un reality show, la cui triste carriera si è spenta sui campi di beach soccer.

I tanti fans di Maradona saranno però ancora più addolorati nel ricordare la storia di Hugo Hernan, detto “Il turco”, fratello di Diego ed ex calciatore dell’Ascoli.

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Nato nel 1969 il piccolo Maradona ha tutte le caratteristiche per essere considerato un fantastico raccomandato.

Ma andiamo con ordine.

È il 1987. Il Napoli ha appena portato a casa il primo scudetto, l’Argentina la seconda coppa del mondo ed entrambi i trofei portano la firma del loro numero 10.

Raccogliendo testimonianze nel mondo che circonda il suo pupillo, Ferlaino viene a sapere che ha un fratello altrettanto bravo.

Dei figli la madre dice ” Per me sono uguali, solo che uno è mancino, l’altro calcia di destro”.

Sicuramente incuriosita dal possibile colpo la società partenopea si interessa al giocatore.

Indagando nella sua carriera scopre che è cresciuto nell’ Argentinos Junior, che aveva vestito la camiseta dell’Argentina under 16 e che ai mondiali di categoria nel 1985, contro il Congo, sfoderò una prestazione tale da far ammettere al fratellone “sarà più forte di me”: due gol, uno spettacolare su punizione.

Il Napoli si innamora di un altro Maradona e lo acquista.

I più Maliziosi tendono ad accettare un’altra versione dei fatti: all’indomani dei successi in Italia e in Messico il più forte giocatore al mondo avrebbe minacciato i vertici campani, una sorta di “prendetelo o me ne vado” a cui la dirigenza non si è potuta tirare indietro.

A quei tempi le squadre italiane potevano tesserare due soli stranieri. I freschi campioni d’Italia vantavano già Careca e Maradona Senior nelle loro file, il neo-acquisto ha quindi il tempo di maturare in una “piccola”.

Dopo i rifiuti di Pisa e Pescara al giovane argentino si aprono le porte dell’Ascoli di Ilario Castagner, una parentesi che, a parole, sembra essere tutta in discesa. L’allenatore dirà infatti di lui “possiede un ottimo controllo di palla che gli permette dribbling strettissimi e rapidi. Arriva in area in ottime condizioni per il tiro a rete. Sa dare bene anche la palla ai compagni, passaggi millimetrici e smarcanti. E non è male nemmeno il tiro: secco e preciso”.

Nei fatti però parte dalla panchina. Debutta alla prima di campionato a venti minuti dalla fine, senza lasciare traccia. Seguono nuove panchine e solo a metà ottobre viene schierato dal primo minuto, avversario l’Empoli e sulle spalle il numero 10 del fratello. Ma non onora la maglia e dopo un altro paio di occasioni finisce nel dimenticatoio.

La carriera italiana di Hugo Hernan Maradona si chiude con sole 13 presenze, senza acuti di cui tre sole dal primo minuto.

Perde il treno della serie A e nei dieci anni successivi vestirà le maglie di Vallo Ralleycano, Rapid Vienna e Deportivo Italia (in Venezuela), prima di sbarcare in Giappone, dove diventerà l’idolo dei tifosi dell’Avispa Fukoka.

La storia racconta che appende gli scarpini al chiodo a soli 28 anni, facendosi rimpiangere da pochi tifosi e nessun allenatore.

Il firmamento del calcio, come dicevamo, è pieno di oggetti luminosi, alcuni brillano per un momento, altri per anni, altri ancora sono opachi, Hugo Hernan Maradona è stato più che altro un buco nero.